10 aprile 2010
Fare il direttore di gara è come una missione
Un arbitro salva una partita! Più che uno slogan, è la pura e sacrosanta verità. Per rendersene conto basta guardare cosa succede quando non arriva: si aspetta un po’, poi tutti a casa e partita rinviata. Proprio così: senza il Direttore di Gara diventa difficile giocare, a tutti i livelli, anche quando la partita non è nemmeno di campionato. Un prete di Milano racconta spesso un episodio: «Vicino al mio oratorio c’era una scuola. Quando c’era sciopero, i ragazzi scavalcavano il muretto e venivano in oratorio a giocare.»
Un arbitro salva una partita! Più che uno slogan, è la pura e sacrosanta verità. Per rendersene conto basta guardare cosa succede quando non arriva: si aspetta un po’, poi tutti a casa e partita rinviata. Proprio così: senza il Direttore di Gara diventa difficile giocare, a tutti i livelli, anche quando la partita non è nemmeno di campionato. Un prete di Milano racconta spesso un episodio: «Vicino al mio oratorio c’era una scuola. Quando c’era sciopero, i ragazzi scavalcavano il muretto e venivano in oratorio a giocare. Dopo poco immancabilmente si sentiva gridare e c’era una gran confusione, litigavano. Allora mi affacciavo alla finestra e gli dicevo: L’oratorio a quest’ora è chiuso. Vi devo mandare fuori… Oppure facciamo così: potete giocare solo se faccio l’arbitro. Scendevo in cortile, mi mettevo ad arbitrare e andava a finire che si divertivano e che tornavano in Oratorio anche durante la settimana». Che il ruolo dell’arbitro sia indispensabile, è facile a dirsi e difficile a capirsi. Scimmiottando lo “sport business”, anche sui campetti di periferia ci ostiniamo a criticarli, a lamentarci, a borbottare, a insultarli. Come se tutto questo fosse normale. Dovremmo aprire gli occhi e cambiare mentalità. Quando vediamo arrivare un arbitro al campo dovremmo andargli incontro, accoglierlo con un sorriso che non finisce più e dirgli: «Grazie per essere arrivato e permetterci di giocare». In Italia gli arbitri sono sempre meno. Si tratta di un’emergenza silenziosa, ma preoccupante, che non risparmia nessuno. Non esiste una Federazione o un Ente di Promozione che possa dire: «Io non ho problemi, di arbitri ne ho in abbondanza». Il Csi può contare su circa 8200 arbitri sparsi su tutto il territorio nazionale. Sono tanti, anche se ne avremmo bisogno di almeno in doppio. Da noi fare l’arbitro è un’esperienza particolare. Non basta essere appassionati ed essere bravi. Da noi si diventa veri educatori con tanto di “divisa e fischietto”. Ecco perché siamo orgogliosi (e tanto) di ciascuno di loro. Da noi non si cambia “casacca” a seconda di chi offre di più (succede in tante realtà dello sport di base) e non si inseguono sogni di grande carriera. Si fischia per amore dei ragazzi e dei giovani. Ecco perché anche un’iniziativa come il “Day Arbitro”, la quale prevede che circa 8000 arbitri devolvano una loro diaria a favore di un progetto di solidarietà, è vissuta come la cosa più semplice e naturale del mondo. O forse, a pensarci bene, così “naturale” non è. È una testimonianza degna degli arbitri del Csi e della loro passione educativa.